giovedì 9 luglio 2009

IL DEPUTATO MARINA SERENI SPIEGA IL SUO APPOGGIO A DARIO FARNCESCHINI


Ho scelto di sostenere nel congresso Franceschini come segretario nazionale del PD per due ragioni politiche e una di carattere "personale".
L'Italia ha bisogno di una grande forza riformatrice, in grado di rispondere alle ansie e alle insicurezze dei ceti popolari e alla domanda di modernità, di dinamismo e di efficienza di quelli produttivi e delle aree più avanzate. Senza questo partito progressista l'alternativa alla destra che sta governando semplicemente non c'è. Un'alleanza di centrosinistra che voglia essere credibile per governare il Paese e farlo uscire dalla crisi risolvendo le contraddizioni, vecchie e nuove, che frenano la crescita economica, sociale e civile non può che essere costruita attorno ad una visione forte di cambiamento. E quella visione può essere proposta agli italiani soltanto da un partito che abbia un'ambizione maggioritaria e non deleghi a nessuno il compito di interpretare nel suo insieme la società articolata, complessa e frantumata di oggi. Questo è il nodo prioritario, da cui poi deve discendere anche il tema delle alleanze di cui nessuno nega l'importanza.
Il Pd è in grado di fare questo "salto" di elaborazione e di sintesi? Siamo in grado di non rimanere imbrigliati dalle resistenze che, anche nei nostri mondi di riferimento, incontriamo di fronte a riforme che rompono rendite di posizione e fanno avanzare il merito e l'efficienza? Non basta rivendicare il riformismo delle "regioni rosse", come evidenzia lo stesso risultato elettorale, né le pur importanti iniziative dei governi di centrosinistra di questi anni. Agli occhi della maggioranza degli italiani non siamo ancora credibili come guida di un progetto riformatore. Dalla nascita del PD ad oggi tante fondazioni, associazioni, seminari hanno proposto "pezzi" di ragionamento ma in pochi casi si è riusciti a produrre una sintesi. Qui vedo uno dei limiti più gravi di questa prima fase di vita del PD: il nostro profilo è apparso sfocato non perché nel PD vivano troppe posizioni diverse nel merito, quanto piuttosto perché abbiamo faticato a scegliere.
Eppure i pochi mesi della segreteria di Dario, certo segnati dall'emergenza, hanno dimostrato che è possibile discutere, confrontarsi e poi decidere. Paradossalmente uno dei pochi casi sui quali abbiamo raggiunto una decisione è stato, grazie soprattutto al lavoro dei gruppi parlamentari, il delicatissimo tema del federalismo fiscale.
In secondo luogo, il partito, la sua forma e il suo rapporto con la società italiana. Nel discorso di Bersani c'è una illusione: che evocare "più partito" sia di per sé una soluzione. E' necessario un partito radicato e popolare, ma come si costruisce questo partito? Pensiamo davvero che una società civile forte e autonoma come quella del Nord domandi da noi soltanto "più" organizzazione? Pensiamo davvero che si possa contrapporre la politica alla comunicazione? E come facciamo al Sud dove è così difficile coniugare consenso, radicamento, trasparenza e rigore? Insomma si può finalmente ammettere che ci siamo attardati sul dilemma partito pesante/partito leggero, perdendo di vista la necessità di sperimentare e sviluppare una pluralità di innovazioni delle forme della politica. Una delle ragioni della nascita del PD è stato l'esaurimento della forma-partito tradizionale e la consapevolezza della sfiducia che gran parte dei cittadini esprime da tempo nei confronti della politica. Non tutto è antipolitica e non possiamo bollare di "nuovismo" ogni spinta al rinnovamento. Il tema vero è che c'è bisogno di una nuova cultura dell'organizzazione. L'apertura alla partecipazione diretta dei cittadini (che non vuol dire solo primarie) è, in particolare, un tratto irrinunciabile di questa nuova idea dell'organizzazione politica: aggregare competenze ed esperienze, fare rete, essere nella società e saperne interpretare le tensioni e le istanze.
Infine la ragione "personale". Ho condiviso con Dario un periodo di direzione del gruppo alla Camera quando ancora avevamo due partiti alle spalle. Ho discusso e litigato con lui tante volte... Ho scoperto una persona vivace, disposta a mettere in discussione vecchi schemi e vecchie certezze, proprio ciò che oggi serve per portare il PD verso il futuro.

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